domenica 26 maggio 2013

Cronache acide di una lettrice incazzata: tutta colpa dello zucchero filato.

Ma quanto siete felici di leggerci di nuovo, e con una frequenza che manco quando abbiamo iniziato questa mirabolante avventura ci sognavamo? Tantissimo, io lo so. Soprattutto perché oggi torniamo alle origini e riprendiamo in mano le avventure di Bo e #PoveroMalatoDiFiga. Ma prima di tutto sento la necessità impellente di condividere con voi questa cosa scoperta oggi, mentre bazzicavo tra le infinite opzioni di blogger: le parole che le persone hanno googlato nell'ultima settimana e che hanno permesso loro di trovare il blog.


Vorrei capire questa cosa della Parodi, ma non sono sicura di voler conoscere la risposta. Anzi, sono sicura di non volerla conoscere, ma il fascino indiscutibile che il macabro esercita su di me preme e insiste per una risposta. Del resto non perderei tempo con Dark se non fosse che lo squallido e il cheap, il grezzo e il tamarro, sotto sotto mi attraggono e reprimono in uguale misura. 
Come la nostra tenera Bo, che mentre se ne sta a guardare i fuochi d'artificio è vittima di un terribile attacco d'ormone impazzito, causata dal troppo zucchero mangiato: un attimo prima è lì tutta tranquilla con il naso per aria, abbracciata al morosetto con problemi di gestione della rabbia, e quello dopo lo sta trascinando verso la macchina con la chiarissima intenzione di abusare di lui.
Non gli diedi il tempo di finire la frase e premetti la mia bocca con forza sulla sua. Feci scivolare la mano lungo la sua pancia prima di premere duramente il palmo sul cavallo dei suoi jeans. Un basso, soffocato, gemito fece eco nell'auto. Mi allontanai dal nostro caldo abbraccio, armeggiando con le dita sulla sua cintura: il semplice compito divenne una sfida dato il mio nervosismo e l'enorme quantità di zucchero presente nel mio corpo che mi faceva tremare le mani. Sentii crescere la frustrazione, scivolando quindi un po' all'indietro per osservare meglio la fibbia nella luce soffusa.
Non esiste attacco d'ormone peggiore di quello causato da un'eccessiva consumazione di zuccheri, io ve lo dico. State sempre attente, ragazze, perché è un attimo. O meglio, è una caramella di troppo e improvvisamente tutto il vostro controllo svanisce in un rogo di pulsioni incontrollabili. Si riscontra addirittura, in alcuni casi (quello di Bo), un'incremento inumano di forza fisica. Cautela, cautela, cautela. L'attenzione non è mai troppa e noi non vogliamo certo diventare delle putty che la smollano al primo violento che passa ok? Ok. Chiusa la parentesi da campagna sociale, sarebbe logico pensare che #PoveroMalatoDiFiga non si lascia scappare l'occasione per inzuppare il biscottino, no? No.
"Mi piacerebbe tantissimo che tu facessi questo per me." Harry fece una pausa, baciando il dorso della mia mano. "Ma non sentirti come se lo dovessi fare per forza." Aggiunse.
La sua risposta mi lasciò comunque leggermente perplessa: magari stava dicendo così solo per farmi sentire meglio. Credo che lui si rese conto della mia titubanza; le sue braccia mi tennero più stretta a sè, le sue labbra toccarono la mia pelle appena sotto l'orecchio.
"Solo il pensiero delle tue belle labbra avvolte intorno a me mi ha fatto eccitare." Sussurrò in modo sensuale.
Mantenne fermi i miei fianchi mentre ruotava i suoi contro i miei. Sussultai sentendo la sua prominente erezione premere contro di me. Il suo pollice sfiorò di nuovo le mie labbra quando mi sorrise. Morsi leggermente il suo dito quando lui lo spinse tra le mie labbra; lo ritrasse, lasciandomi un lungo bacio sulle labbra.
"Un'altra volta." Sussurrò.
Gruppi di persone avevano cominciato a ritornare alle proprie auto, alcune passando tra la nostra e quella parcheggiata accanto. Non avevo davvero pensato a questa cosa: ovviamente non avrei potuto fargli niente qui, che stupida. Era tutta colpa di quel dannato zucchero filato.
DAMN YOU, ZUCCHERO FILATO! Come hai osato farti mangiare e farmi parti l'ormone! Come, maledetto traditore, con che coraggio ti vendono ai bambini?! Cose dell'altro mondo, io proprio non mi capacito. Una droga che, passato il momento di trip ormonale, ti priva di ogni energia e crolli addormentato senza motivo come succede a Bo. E secondo me aveva pure la bavetta, altrimenti leggere "La mia lingua accarezzò le mie labbra, prendendo l'umidità che vi aveva lasciato" non trova un senso logico, ma dubito sia importante. Tra una cosa e l'altra lei lo supplica di rimanere - Signora Heather la senti? -, lui si infila a letto con lei "solo fin quando non ti addormenti" e un limone tira l'altro, sappiamo come vanno queste cose. Infatti si addormenta, Bo, stremata dall'astinenza da zucchero che le ha calato l'ormone. Grazie al cielo c'è il peluche a forma di tartaruga (qualcuno può illuminarmi a riguardo? Ho saltato un capitolo? Ho rimosso come si fa con i traumi?) dove prima si posava il fisico scolpito di #PoveroMalatoDiFiga! A ciascuno il proprio palliativo.
L'alba del nuovo capitolo si apre con una notizia shock: #PoveroMalatoDiFiga torna a combattere. ZAN ZAN ZAN! Non dimentichiamo poi che lui picchia troppo forte per la sua classe di peso, così l'avversario sarà un manzo da centordici chili pronto a spezzargli tutte gli ossicini. Sorvoliamo sul fatto che lui non combatte perché è troppo pericoloso per i suoi avversari e che non c'è una sola ragione valida che possa giustificare il suo ritorno sul ring. La coerenza non è cosa per ficcyne e questa, dobbiamo concederglielo, è l'ape regina delle ficcyne assieme a Danger. Tutto è lecito, tutto è concesso. Tranne il combattimento in sé che è chiaramente illegale, come deduce brillantemente genioBo, esibendosi in una scenata di gelosia che fa incazzare fuori maniera #PoveroMalatoDiFiga dal momento che gli strappa il telefono di mano, chiude la chiamata in corso con persona misteriosa (#Troione sei tu?) e gli lancia lo smartphone in borsa. CEH! Ma sai che se solo osi fare una cosa del genere a me ti ritrovi la sottoscritta attaccata alla gola, impegnata a staccarti la testa a morsi? Ufo, robe ufo, #PoveroMalatoDiFiga sono solidale con te. Al che lui la sbatte contro gli armadiette E LE FA MALE GENTE! Le stringe un braccio e le fa male.
"Cosa c'è che non va in voi donne?" Chiese retoricamente. "E' una mia decisione, non m'interessa se a voi non sta bene!" Gridò Harry.
Non ero sicura che se ne fosse accorto, ma mentre gridava aveva istintivamente afferrato il mio avambraccio sinistro. La sua stretta aumentò progressivamente man mano che parlava. Trasalii, rannicchiandomi nella sua stretta; il mio corpo tremava, il dolore pulsava nel mio braccio. Piccoli suoni di disagio lasciarono le mie labbra dischiuse.
"Mi stai facendo male." Gemetti.
La faccia di Harry sbiancò all'improvviso, la sua mano si allontanò mentre lui indietreggiava. Mi tenni stretto il braccio dolorante al petto, la sua presa dura mi aveva fatto provare un senso di bruciore sulla pelle. Solo a quel punto mi resi conto che quelle che avevo appena pronunciato erano esattamente le stesse parole che sua sorella aveva detto al suo fidanzato prima che Harry lo picchiasse, quasi fino alla morte, nel loro giardino sul retro. Solo a quel punto realizzai quanto Harry fosse pericoloso. Avevo provato a guardare oltre il suo comportamento aggressivo, ma quando ci ritrovavamo in certe situazioni aveva ancora problemi a controllare la sua rabbia. E questo mi spaventava.
"Bo." Cercò di muoversi in avanti.
I miei occhi si spalancarono per la paura, la mia schiena premette disperatamente contro gli armadietti cercando di aumentare la distanza tra noi. Ma non ci riuscii. Ero pietrificata al pensiero che avrebbe potuto farmi del male di nuovo.
"Oh dio, ti prego no....... non di nuovo." Supplicò Harry freneticamente.
Il dolore nei suoi occhi mi spezzava il cuore, ma ero troppo spaventata per fare qualunque cosa. Si lasciò cadere sulle ginocchia di fronte a me. Il mio sguardo terrorizzato rimase fermo in avanti, senza che riuscissi a guardare in basso. Sobbalzai, ansimando quando le braccia di Harry si avvolsero intorno alle mie cosce; la sua testa si poggiò sulla mia pancia e lui mi strinse più forte quando sentì la mia riluttanza nei confronti del suo tocco. Stavo tremando.
NIENTE PANICO! Per il sopracitato non sussistere della coerenza, non ha importanza se lei in passato ha spergiurato di non aver paura del suo essere un vampiro violento, né che lui abbia giurato che non sarebbe mai diventato come il padre: mettete via quei sacchetti di carta, iperventilare è del tutto inutile in un universo dove tutto è lecito per amore del phatos. Anche perché tre righe dopo Bo sta già pensando a come confortarlo e si è ben che dimenticata del resto. Che vi avevo detto? Poi lui sta piangendo, figuriamoci se non lo perdona. Gli dice persino che è preoccupata per lui, che non vuole si faccia del male, fottesega le stesse stritolando il braccino un istante prima, dai, siamo seri! Who cares se domani avrà un livido assurdo, e spero vivamente la cosa venga approfondita, e dovrà dire a tutti che è caduta/inciampata o che sta sperimentando un nuovo tipo di massaggio che prevede di percuotersi ripetutamente con un mattone per riattivare e migliorare la circolazione sanguigna! Tanto lui combatte lo stesso. E lei rimane? Si, pronta a calarsi nei panni di cheer-leader prima e crocerossina poi. 
Diamo invece un sguardo all'avversario di #PoveroMalatoDiFiga:
"Il ragazzo è un bastardo." Tom scosse la testa disgustato prima di continuare. "E' ben risaputo che picchia a sangue qualunque ragazza con cui gli capita di uscire per una settimana."
Ora pregherei l'autrice di darmi il nome della città dove è ambientata l'ape regina delle ficcyne che la segno sulla mia lista nera, proprio sotto Seattle (dove, È RISAPUTO, succedono le peggio cose soprattutto a chi lavora al Seattle Grace), perché di trovarmi per errore in un posto dove non solo si celebra la peggio storia d'amore del mondo delle fanfiction ma esiste un essere di sesso maschile che mena a sangue le poverette che escono con lui per una settimana (manco quella che alla prima uscita non gliela da, no, dopo una settimana le corca di botte) ecco, no grazie. Inutile dire che salta fuori il movente dello scontro, il tizio in questione ha marchiato (letteralmente, non parliamo di succhiotti) Hayley - che se come me non ricordate chi sia, siamo prontamente informate che si tratta della bella e simpatica tizia conosciuta in discoteca in una delle loro prime uscite, prima che il mancato stupratore facesse casino - con una simpatica cicatrice sulla fronte. #PoveroMalatoDiFiga, siccome non scopa, ecco che si improvvisa paladino della giustizia. MOLTO BENE. 
La colpa è sicuramente dello zucchero filato, io ne sono sicura.

Cap. 30 - 31, qui il link all'EFP.


giovedì 23 maggio 2013

Di fanfiction, grammatiche stuprate e fantasia latitante: quando uno #staystrong non basterà.

Se vi è mai capitato di parlare con una lovatic (ovvero le fan di SuperDemi), sicuramente avrete notato quanto queste ragazzine abbiano a cuore temi importanti e delicati, quali bulimia, anoressia, bullismo e autolesionismo (chi più ne ha, più ne metta), e siano rispettose di ogni altro essere umano, perché così la somma Demi predica in ogni intervista e canta in ogni suo album strapassato alla radio.
Quindi capirete come la vicenda di Annie mi abbia colpita e ferita allo stesso tempo. La nostra, abbandonata dal padre in fasce e con una madre che “non se ne importa minimamente della propria figlia”, ha come unico amico un diario segreto sul quale giornalmente scrive gli insulti che i coetanei le urlano addosso: “sei grassa”, “cicciona”, “sei una balena, tornatene da dove sei venuta”. Una sera, dopo il primo giorno nella nuova scuola, in lacrime e sotto la doccia, Annie afferra la lametta della madre e si taglia per la prima volta pur di non sentire più le risate e i brutti commenti dei compagni sul suo peso.

Era una liberazione vedere il sangue scorrere, e stetti piu' di una di una settimana senza mangiare solo per essere accettata. E ogni giorno cercavo un posto vuoto del mio polso per creare quella sensazione di liberamento.

Bam! Nel capitolo dopo è diventata anoressica ed è finita in ospedale. Ma qualche riga più sotto è guarita (magicamente) in poco tempo e tenta il suicidio. Demi, la leggi? 
Lungi da me il voler fare del facile sarcasmo su delle vere e proprie malattie come queste, ma, francamente, mi sono rotta le ovaie (perché le palle non ce l'ho) di vedere ragazzine piagnucolone che, per un bisticcio con la mamma o una vita sociale non esattamente come vorrebbero, sclerano e si lamentano di quanto siano alone in the world, si vantano di tagliarsi e dicono di essere anoressiche o bulimiche per un pasto saltato o un'abbuffata da lotro (in fiorentino “sfondato”). Proprio perché non mi va di scherzarci, non sopporto i loro costanti e offensivi tweet. Il caso più eclatante è quello della stupida – non è un'offesa, è la realtà – che per aumentare i followers annunciava al mondo la sua prossima operazione per sconfiggere il tetano contratto con una lametta arrugginita:


Si lagnano come piaghe e predicano il rispetto per chi soffre ma, visto che la coerenza è una di quelle poche cose buone che ho, pretendo dagli altri la stessa cosa e non sopporto la mancanza perenne che dimostrano di avere nei confronti di chi soffre seriamente in silenzio e non passa le giornate a inventarsi tumori pur di avere un po' di quell'attenzione che certamente non ha nella vita off-Twitter e social vari. 
Ecco perché oggi, dopo questa prima fyccina ridicola e scritta col culo (avrei potuto dire “coi piedi”, ma quest'ultimi si sono offesi per essere paragonati a ciò), faremo un tuffo veloce nello strabiliante fandom di Demi Lovato che, avrà anche sofferto di tutto ciò che dicono le sue fan (e per esserne uscita non merita che un applauso), ma ho come l'impressione che continui a cavalcare l'onda del facile guadagno sfruttando le tragedie pur di vendere qualche copia in più. 
Purtroppo, su Efp le sue lovatics scarseggiano come acqua nel deserto, ma non temete. Ne ho trovate alcune che colpiranno i vostri sensi, stordendovi.
In una la protagonista comincia a narrarci le sue tristi vicende in questo modo: “Non era una lametta era un pezzo di attaccapanni rotto” quello che usava per tagliarsi (e qui è doveroso citare @seguoilvento che, giustamente, chiede “Giovanni Muciaccia, sei tu?"); ebbene, un anno prima era caduta in depressione, è vittima di bullismo da sempre e diventa anoressica perché si vede grassa e un giorno riempie il lavandino di acqua, ci ficca la testa dentro e tenta il suicidio. E ve lo copio pari pari perché, davvero, non so se ridere per l'assurdità della narrazione e della scena in sé o piangere per la spettacolarizzazione che si vuol fare di disturbi seri che vengono presi sottogamba da queste bimbette in cerca di un minuto di agognata popolarità.

Riempii il lavandino chiudendo il buco che fa scendere l'acqua e ci immersi la testa,rstai li per un pò a mollo nell acqua gelida poi alzai il capo con il fiato che sobbalzava ad ogni tentativo di respiro,le lacrime cadevano sulle mie guance riscaldandole un  pò,avevo tentato il suicidio.

Nel sottolineare che quegli stupri linguistici sono tutti della nostra signorinella, lascio a voi i commenti perché, come si dice dalle mie parti, unn'ho, gente. Quel che è sicuro è che questo tentativo potrebbe finire nel manuale di prossima pubblicazione Hot to commit suicide: common mistakes you can avoid to succeed.
Comunque, qui entra in scena lei, Demi Lovato, la Madre Teresa di Calcutta dei giorni nostri, la dottoressa dei mali dell'anima, colei che salva coloro per i quali la medicina niente può. Oh, piccola parentesi: state studiando Medicina, Chimica e simili, lettori, oppure avete intenzione di intraprendere queste carriere per aiutare il prossimo? Volete diventare carabinieri, poliziotti o vigili del fuoco per spegnere incendi e salvare gattini in pericolo sugli alberi? Vi do un consiglio: date fuoco ai libri, seppellite le vostre false speranze e formate una band al grido di “canta per le bimbe, salva il mondo!” Solo così aiuterete il prossimo. Fine parentesi.
Della terza vi riassumo velocemente le fasi perché ha dell'incredibile. Ellis è sola, si taglia, digiuna da un po'; i suoi non la capiscono, i compagni la bullizzano e l'unica forza che ha è quella che le trasmettono i suoi idoli. Vi ricorda qualcosa? Ma per fortuna arriva un'amica, tale Alis (l'omofonia ci aiuta a definirle due facce di una stessa medaglia ridicola e malmessa), che è sola, si taglia, digiuna da un po'; i suoi non la capiscono, i compagni la bullizzano e l'unica forza che ha è quella che le trasmettono i suoi idoli. [Il copia-incolla mi ha aiutato] Le due diventano in un giorno BFF. Ma accade la tragedia. Alis si taglia, finisce in ospedale, è in coma. Mentre tutti disperano, dal nulla, sbucano Demi e Justin che, come angeli custodi e salvatori d'anime dannate, con la sola presenza, la fanno risvegliare. E tutti vissero felici e contenti.
Almeno, loro di sicuro, non io che ho letto e continuo a sprofondare nel marasma di queste fyccine che non hanno né capo né coda. Mi verrebbe voglia di prendervi in massa e portarvi negli ospedali, farvi vedere com'è che si riduce una ragazzina anoressica, farvi sentire la consistenza di quei corpicini ridotti alle ossa, farvi vedere com'è che vengono nutrite forzatamente pur di tenerle in vita, per giorni, settimane, mesi, se non anni a venire. Non si guarisce in un giorno, razza di stupide, né un cantante vi aiuterà ad uscirne perché, per quanto possa far star bene la musica del proprio cantante preferito (e non chiamatelo idolo, sant'Iddio), quel mostro che vi cova nel petto non scompare alle prime note, sta lì e dovete imparare a conviverci, finché pian piano la sua voce si attenuerà e non l'ascolterete più ripetervi che non siete all'altezza, che tanto non sarete mai abbastanza, che è meglio sparire lentamente. Vorrei portarvi a conoscere chi davvero tenta il suicidio, perché disperato da una vita che non riesce a vivere pienamente, per delle paure più grandi di lui, per dei dolori che sembrano insopportabili. Vorrei farvi provare come si sente una donna violata, stuprata non solo nel corpo ma nell'anima, con la vergogna che diventa un vestito che non si riesce a togliere, col disprezzo di sé che l'accompagna giornalmente, cercando una ragione che non dipende da lei. Vorrei lasciarvi ascoltare chi giornalmente fa delle chemioterapie, perde i capelli ma non la forza di andare avanti, si alza e affronta le cure, in silenzio, con quella dignità che solo chi soffre sul serio ha. Vorrei portarvi nei reparti oncologici per sapere se poi, davvero, dopo aver visto bambini, donne e uomini di ogni età, attaccati a flebo e consci di una speranza che fievolmente se ne va, continuereste ancora a fingervi malate terminali in cerca di qualcuno che vi dica "sei forte, ce la farai, Justin è con te".
Potrei parlarvi di Elisa, quell'amica che ho visto, nel giro di tre mesi, perdere trenta chili per un'ossessione che è diventata malattia, che ha dovuto abbandonare la ginnastica che l'aveva portata a grandi livelli, che per sei anni ha visto giornalmente una psicologa, che deve girare col misuratore di glicemia (perché la perdita di peso le ha portato in regalo il diabete) e la vedevo controllare i livelli ogni tre ore su delle dita scheletriche, che mangiava gelati dopo ogni pasto per prendere più peso, che, per una dieta fatta da un'incompetente senza laurea, ancora paga le conseguenze, che ha allontanato tutte le amiche che cercavano di farle capire quanto tutto quello fosse sbagliato. Ma poi vorrei dirvi che rivederla qualche tempo fa è stato bellissimo, che quel sorriso genuino sul suo volto finalmente tornato ad un peso stabilizzato è stato un colpo al cuore, che trovarla finalmente in pace con se stessa è stato un momento straordinario. Potrei poi raccontarvi di come ho passato da sola il mio diciassettesimo compleanno, perché mamma aveva la sua prima chemioterapia, e di come dall'ultimo ciclo di radioterapie abbia il terrore di dover riaffrontare tutto quanto un'altra volta ma... A voi non fregherebbe un cazzo e a me, di parlar con chi finge una malattia e dichiara di essere bipolare solo perché lunatica, non interessa. Una cosa però vorrei dirvela: mi fate schifo. Vi auguro che non dobbiate mai avere a che fare con qualcosa del genere perché, allora, davvero, non vi basterà la musica e l'ultima cosa a cui penserete sarà sfogarvi su un social-network. Vi circonderete degli affetti veri, caldi, e non sarà certo l'essere in cima alle tendenze di Twitter con uno #staystrong che vi guarirà.

Uno, due, tre sull'Efp.

Ps: predicare bene e razzolare male: you're doing it right. Complimenti vivissimi.

martedì 21 maggio 2013

Twittersfera: parentesi.










Potrei spendere righe su righe sottolineando come solamente cinque persone del totale delle partecipanti a due date abbiano pensato di sprecare qualche istante per ringraziare le persone che materialmente e concretamente hanno reso possibile l'avverarsi di un solo desiderio, ma sapete cosa? Dopo. Adesso voglio godere del fragile calore di questa fiammella di speranza che sento ardere fioca in me. 
E se per caso sentite di volervi lamentare perché, diversamente dal solito, in questo post c'è molto poco sarcasmo e molta poca cattiveria, è giusto rendervi partecipi del fatto che...



martedì 14 maggio 2013

Cronache acide di una lettrice (decisamente) incazzata: il 1945 è l'anno più trendy della seconda guerra mondiale.

“Zydzi sa rasa, ktora musi ulec kompletnemu zniszczeniu”
(Gli ebrei sono una razza che deve essere totalmente sterminata)
Hans Frank, governatore generale nella Polonia nazista occupata - 1944
“Musimy uwolnic niemcki narod od polakorw, rosjan, zydow i cyganow" 
(Dobbiamo liberare la nazione tedesca dai polacchi, i russi, gli ebrei e i nomadi) 
Otto thierack, ministro della Giustizia del Terzo Reich
Queste sono due frasi che ho letto ad Auschwitz, su due pannelli neri alti quanto la stanza dove erano contenuti, accanto ad una parete sulla quale c’era una mappa dell’Europa con segnate sopra tutte le principali città che inviano ebrei e prigionieri al campo.
Oslo, Narwa, Wiliandi, Ryga, Krolewiec, Kowno, Augustow, Grodno, Witbsk, Hamburg, Bremen, Haga, Szczecin, Wolkowysk, Mink, Bialystok, Ciechanow, Bydgoszcz, Inowroclaw, Poznan, Berlin, Westerbork, Apeldoorn, Hertogenbosch, Vught, Melchen, Bruxelles, Essen, Bochum, Drancy, Saarbrucken, Koblenz, Bobigny, Paris, Pithiviers, Karlsruhe, Praha, Dresden, Magdeburg, Terezin, Katowice, Wroclaw, Opole, Lodz, Radom, Lublin, Zamosc, Tarnow, Krakow, Lwow, Broyslav, Sered, Brno, Cadca, Augsburg, Munchen, Wien, Graz, Budapest, Clui-Napoca, Bucuresti, Klagenfurt, Lyon, Bolzano, Verona, Trieste, Fossoli di Carpi, Belgrad, Roma, Salonicco, Korfù, Atene e Rodi.
Settantaquattro città, molte delle quali non sapevo nemmeno esistessero.
Da questi punti partivano più o meno regolarmente convogli carichi di persone che arrivavano ad Auschwitz e, successivamente, a tre km di distanza, nel complesso di Birkenau.
Non appena un convoglio arrivava al campo, avveniva la “selezione”, una mera formalità che però decideva chi era abile al lavoro e chi invece doveva andare direttamente alle camere a gas. Normalmente, solo il 25% dei deportati aveva la possibilità di passarla. Non venivano fatte distinzioni tra uomini, donne e bambini, a tutti quanti toccava la stessa identica sorte qual’ora passassero la selezione: venivano marchiati, registrati e fotografati prima e dopo la rasatura.
E poi…
E poi la storia ci ha raccontato in modi diversi quello che accadeva ai detenuti: erano costretti a lavorare fino alle stremo per numerose ditte tedesche, tra cui la I.G. Farben –produttrice del Zyclon B, il pesticida che veniva utilizzato nelle camere a gas-, la Metal Union e la Siemens.
I più fortunati, arrivavano a sopravvivere per due, tre mesi al massimo, gli altri morivano dopo tre settimane, un mese, a causa degli stenti, dei maltrattamenti, delle condizioni del campo, delle epidemie e degli abusi delle SS.
Ma tentare di scrivere l’orrore che è avvenuto in quei posti è una cosa che va al di là delle mie reali capacità, nemmeno in una vita intera potrei esprimere la tragedia, il senso di disgusto, la crudeltà che si respirano tra quelle mura.
Dire che sono rimasta scioccata, dalla visita ai due campi, è poco. Come ho messo piede nella prima baracca di Auschwitz, che a prima vista può sembrare un normalissimo villino a due piani costruito con mattoni rossi, ho iniziato a sentirmi incredibilmente fuori luogo. Man mano che passavo per quei corridoi, man mano che entravo nelle stanze e cercavo di capire cosa ci fosse scritto nelle didascalie sotto le foto con il mio inglese non proprio perfetto, mi si formava un nodo in gola che non mi ha più lasciata per il resto della giornata.
Ero intontita, l’aria stessa che respiravo sembrava diversa, come se fosse satura dei fantasmi delle persone uccise. Stentavo a credere a quello che vedevo.
Sono passata davanti a pareti ricoperte da interminabili elenchi di nomi nella baracca che è ospita il memoriale olandese, ho guardato fotografie con le facce terrorizzate di bambini che avranno avuto al massimo tre anni, bambini con occhi che avrebbero dovuto essere felici, pieni di gioia e voglia di vivere, e che invece erano pieni di paura. Bambini sottoposti a esperimenti medici, ridotti a vegetali, uccisi dalle dosi di veleno che iniettavano loro in corpo.
Ho visto ingrandimenti di fotografie di donne che pesavano a malapena trentacinque kg.
Foto che testimoniavano esperimenti di ipotermia: uomini nudi e denutriti che venivano lasciati all’aria aperta, d’inverno, immersi in vasche piene di ghiaccio per vedere quanto a lungo resistevano prima di morire.
Sono passata attraverso stanze piene di ciocche di capelli ammucchiate fino a raggiungere il soffitto, ciocche di capelli che appartenevano a donne uccise nelle camere a gas.
Stanze piene di occhiali rotti.
Stanze piene di valigie, tutte con un nome e un cognome e un indirizzo scritto sopra.
Stanze piene di stampelle, busti, protesi per gambe.
Stanze piene di scarpe di bambini.
C’erano baracche intere con le pareti tappezzate di fotografie di deportati con scritta sotto la data di nascita, la data di arrivo al campo e la data di morte.
Ho imparato che in media, un uomo arrivato nel ’43 ad Auschwitz sopravviveva per un mese, un mese e mezzo al massimo.
Una donna, arrivata nello stesso periodo, non andava oltre le due settimane.
Ho visto che i capelli delle donne uccise venivano riutilizzati per tessere tessuti.
Per non parlare delle celle punitive.
Celle costruite apposta per lasciar morire di fame chi vi stava dentro.
Celle costruite per far morire soffocate le decine di persone che ci venivano rinchiuse.
Celle larghe novanta cm per novanta, altre due metri, dove rinchiudevano quattro persone alla volta, persone che non erano destinate a marcire lì dentro, no: ci passavano la notte, senza mangiare, in piedi, al buio, schiacciati gli uni contro gli altri, per poi andare a lavorare il giorno dopo. Così avanti, ogni giorno, fino a quando non morivano.
E potrei andare avanti per ore, ad elencare quello che ho visto lì dentro.
Quando ero al liceo, sono stata vice-redattrice del giornalino scolastico, il 5+ (che tra parentesi ha appena compiuto cinquant'anni di vita, tanti auguri <3). Questo qui sopra è una parte di un'articolo che ho scritto non ricordo se al principio della quarta o della quinta, di ritorno da un viaggio nell'Europa dell'est che mi ha portata, come potete facilmente intuire, anche in Polonia. Qui, su mia logorante e insistente richiesta, abbiamo visitato il complesso di campi noto al secolo come Auschwitz. Non c'è da stupirsi, per la media ero un'adolescente abbastanza atipica con il pallino della storia; che preferissi visitare un campo di concentramento piuttosto che andare per negozi a Cracovia non era un'anomalia così impensabile nel quadro generale della ragazzina che sono stata. 
Quello che, a ragione, vi chiederete voi è cosa centri tutto questo con il mirabolante mondo delle ficcyne che viene trattato in questo angolo di web. Vorrei dirvi che non centra nulla, che mi è preso lo svarione moralista e vagamente amarcord, che voglio sono pavoneggiarmi in allegria di quanto brava a scrivere fossi già nel lontano 2007/2008 (proprio non ricordo), che siccome il blog è mio e della Cee allora ci scriviamo quello che ci pare e piace senza dover render conto a nessuno, ma non è così. 
Come avete già avuto modo di leggere, la seconda guerra mondiale è un contesto storico che fa presa sui cuori delle Directioners al punto da spingerle a fantasticare su come sarebbe stato bello se Liam fosse stato una SS ad Auschwitz e si fosse innamorato di una bellissima prigioniera ebrea lì detenuta nel biennio del '44-'45. Raccapricciante, inopportuno e affatto rispettoso; un trionfo di falsi storici e ignoranza che Dio ce ne scampi scatenando un morbo letale e incurabile su questa generazione di capre che si ostinano ad intasare di stronzate un mondo che di stronzate ne è pieno. 
Quello che ancora non sapete, a meno che non abbiate di recente seguito le discussioni con @ihatedanni, @CoerenzaBat, @altemaree e @lanasdaughter, è che il 1945 è un anno ampiamente sfruttato da uno dei peggior fandom evah. Se aprite l'EFP e fate sapiente uso della funzione "cerca", inserendo come criterio "titolo" e digitando 1945, ai vostri occhi si spalanca un mondo di possibilità che sarebbe meglio, a conti fatti, non scoprire mai.
Erano passati ormai tre anni da quando Sophie lo aveva perso: aveva perso il suo migliore amico, il suo grande amore.
Harry Styles, un ragazzino di quindici anni appena compiuti quando lo portarono via da lei.
Ricorda ancora il suo profumo alla vaniglia, i suoi occhioni verdi che la facevano intenerire dopo una litigata e quei ricci ribelli.
Si ricorda ancora delle sere in cui lui si sedeva sul divano e lei si sdraiava poggiando la testa sulle sue gambe mentre giocava con una ciocca di capelli e lui le accarezzava il viso.
Erano così loro; si capivano con un semplice sguardo o un sorriso sul volto.
Ricorda ancora il giorno in cui capì di amarlo: aveva appena compiuto 13 anni e lui le baciò la guancia davanti a tutti facendola arrossire.
Al solito, quando si tratta di one-shot, l'autrice-directioner sente la necessità di introdurre i personaggi in due righette e sbrigare così il complesso reticolo di relazioni che li lega. CHIARAMENTE Harry Styles è un tipico nome ebreo. CHIARAMENTE la famiglia Styles viene nascosta dalla famiglia di Sophie nel momento in cui la persecuzione raggiunge il suo culmine. CHIARAMENTE quando arrivano le SS si prendono solo la famiglia Styles senza ripercussioni sulla famiglia di Sophie. Manco a dirlo Harry fa in tempo a sfiorare la mano della sua amata con una carazza come non fosse appena stato prelevato a forza dagli esponenti militari di un regime che ben ha fatto intendere cosa deve esserne della "razza" (tra virgolette perché mi sembra stupido parlare di razza a prescindere) ebraica. Mi chiedo però come facesse Sophie a sapere dove avessero deportato il suo amore con tanta certezza, Bergen-Belsen in fondo non era che uno dei troppi campi di concentramento situati nella zona controllata dal Reich e non c'erano criteri come la vicinanza geografica a determinare l'assegnazione a questo piuttosto che a quel sito. La gente spariva e basta, da un campo veniva spostata all'altro, altrimenti sarebbe stato poi facile per i superstiti rintracciare i propri cari o cercare di farlo. Evidentemente questi dettagli sono assolutamente marginali per la nostra autrice che non si preoccupa neppure di dare una qualsivoglia soluzione di continuità al suo scadente elaborato: dal 28 febbraio 1942, in tre righe, arriviamo ad un fantomatico futuro nel quale si sentono cadere le bombe e si sa che sono gli americani. Apparte che, signorinella bella, Bergen-Belsen l'hanno liberato gli inglesi, mi spieghi com'è che dopo anni di bombardamenti costanti e molto più che quotidiani al fine di prostrare letteralmente la nazione e il popolo tedesco una squinzia da quattro soldi riesce a distinguere solo dal suono delle bombe la liberazione? E come faceva suo padre a sapere cosa succedeva nel campo,"dove ebrei invecchiavano giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, quando neppure nei paesini limitrofi ai campi più grandi le persone erano pienamente consapevoli del massacrato perpetrato? Non si andava in gita, in visita, come si fa oggi eh. Tanto più che dubito fortemente un collaboratore, simpatizzante degli ebrei, che ha nascosto una famiglia intera in casa sua godesse di tanta libertà di movimento. Ma manco per il cazzo, fija mia. Manco-per-il-cazzo. E lascia anche che ti dica che gli aerei americani non atterravano nel bel mezzo di città devastate dai bombardamenti. Non perché non avevano sbatti di farlo, ma perché mi spieghi come fa un aereo militare ad atterrare in piena città? E soprattutto Sophie, apparentemente tedesca, ti assicuro io che non biascicava una sola fottutissima parola di inglese e nella realtà si sarebbe ben guardata dal correre incontro al soldato NEMICO supplicandolo di portarla a Bergen-Belsen.
"La prego, ho bisogno di Lei." Il soldato udì la sua voce tremante e si addolcì.
"Che cosa Le serve?" domandò poggiando il fucile sul sedile posteriore dell'aereo.
"Ho bisogno di andare al campo di Bergen Belsen. Noi dobbiamo salvare quelle persone!" ma il ragazzo la guardò confuso senza capire.
"Signore, in quel campo ci sono degli ebrei! Devo salvare il ragazzo che amo!" e le lacrime si liberarono sul suo viso.
Il ragazzo si avvicinò a lei e la abbracciò dolcemente, ascoltando i singhiozzi di speranza che erano rivolti a lui.
"Forza, non c'è tempo da perdere." le sorrise prendendole la mano e correndo verso l'aereo militare.
Mannaggia a tutti quelli che non hanno mai pensato di fermare il primo americano passato per strada per chiedergli di essere portati in volo dai loro cari prigionieri! Cioè, gente proprio stupida no? Basta così poco a mobilitare una truppa dell'esercito americano che palesemente non ha nulla di meglio da fare che ascoltare i piagnistei incomprensibili, in lingua straniera, della prima passata per strada! Ah, fossero stati tutti come Sophie la storia avrebbe preso una piega ben differente, ve lo dico io. Poi vabbeh, i libri che mi hanno insegnato come i tedeschi si siano ben guardati dal rimanere nei campi man mano che il loro territorio veniva invaso, costringendo i prigionieri e i forni a marce forzate, portando mandrie umane nei boschi e fucilandoli lì a sangue freddo, hanno tutti torto. Perché è tedeschi sono rimasti. Non hanno fatto nulla per nascondere i loro orrori, anzi. Sono rimasti lì a farsi umiliare dai sorrisi dei prigionieri che gioiscono, e fanno festa. Persone che non avevano neanche la forza di trascinarsi in piedi, ma son tutti dettagli insignificanti, LA STORIA ESISTERE PER ESSERE INTERPRETATA E COSA IMPORTA CHE LA TUA STORIELLINA DEL CAZZO SIA UN INSULTO A TUTTE LE PERSONE CHE SONO MORTE A BERGEN-BELSEN? Che poi sei pure doppiamente capra, gli One Direction sono INGLESI. Non americani. Perché li hai fatti diventare americani? Se fossi stata fedele alla loro vera nazionalità almeno una cosa nella tua aberrazione narrativa sarebbe stata corretta. #Einvece.
Ma non finisce qui, non c'è davvero limite al peggio: Harry è ferito, una SS gli ha sparato alla gamba (macheccazz??), va trasportato d'urgenza in America, in elicottero (macheccazzzzz?????), perché in tutto il Reich non è rimasto un solo ospedale funzionante. Ora vorrei fare del facile sarcasmo dicendo che era uso in comune in Germania abbattere i propri soldati feriti proprio a causa della TOTALE assenza di strutture e personale ospedaliero ma sono cresciuta con l'idea che su certe cose non si debba scherzare neppure per sbaglio. Mi dispiace, niente battutine, solo un minuto di silenzio per la stupidità di questa aspirante scrittrice che ha ricevuto ben 25 recensioni (Glitter è ferma a 14, per amor di cronaca) insultando il periodo storico più buio e delicato della contemporanea dell'uomo solamente per aver utilizzato il nome "Harry Styles" un paio di volte. LAMMERDA. E tutti gli spazi dopo la punteggiatura li ho dovuti inserire io, per di più.
Non che ci vada molto meglio con il secondo fenomeno che l'EFP propone nella sezione One Direction: stesso titolo, ma protagonista l'italianissima Anna deportata a Mauthausen. Deportata su un camion che porta scritto sulla fiancata il nome del campo, dove viene rapata e tatuata.
- Quanti anni hai? Come ti chiami? - mi domandò
-Ho Diciassette anni e mi chiamo Anna Terracina - risposi. Mi girò intorno e scrutò attentamente il mio corpo. Ero una ragazza di corporatura esile, alta un metro e settanta centimetri e con il classico viso da asiatica.Avevo la pelle candida al contrario delle altre ragazze del mio popolo
- Tu andrai ai lavori terreni - disse scrivendo sul foglio di carta. Fece un cenno al ragazzo con i capelli ricci e quest'ultimo mi prese, con solita delicatezza, e mi condusse fuori.
- Dovrai rimanere qui almeno due o tre giorni, poi ti porterò via - mi disse, annuii - adesso vai in quel posto, li si terranno i lavori che ti verranno assegnati - continuò. Lo salutai con un cenno del capo e mi diressi dove mi aveva indicato. Arrivata, gli uomini mi squadrarono da capo a piedi, ricevendo dei sorrisi maliziosi che mi fecero paura.
- Mi hanno affidata ai lavori terreni - dissi seria in tedesco. In quel momento mi facevo paura per la mia freddezza e per il non essermi disperata ne spaventata.
- Oh, ma che bel corpo sprecato per i lavori terreni - mi disse uno di loro avvicinandomisi.
- Allora, prendi una zappa e comincia a zappare - disse uno di loro indicandomi un capannone dove vi erano gli attrezzi. Annuii e mi diressi verso il capanno. Giunta, presi un attrezzo ed andai a fare il mio dovere. Erano le 7:30 del mattino, lo dedussi dalla posizione del sole.
Perché la posizione del sole è chiaramente un'indicatore preciso e affidabile dell'ora, perché lei ha il classico viso da asiatica ed è nata in Toscana, perché le SS si salutano con un cenno del capo e lei ovviamente parla tedesco oltre ad essere un'ebrea appartenente ad una delle poche famiglie scampate alla stagione di deportazioni in Italia così a lungo. E io sono Miranda Kerr, ma quello che ancora non vi ho detto è che la spia britannica Harold, infiltrata nel campo, le ha promesso di portarla in salvo. Perché ovviamente l'ha vista e si è innamorato di lei, criterio efficacissimo nel decidere che lei è meritevole di salvezza mentre i trenta/quaranta bambini con cui divide la baracca no, meglio che si facciano le ossa per un altro po' e rimangano lì. Il giorno della fuga la nostra Anna ha la sfiga di imbattersi proprio nella guarda che l'ha squadrata da capo a piedi che la coglie in flagrante mentre aspetta il suo eroe.
- Dovrai avere una punizione per questo - disse girandomi intorno. Deglutii e misi ritta la schiena.
- Qu-quale pun-puniz-zione s-signore? - domandai terrorizzata.
- Concedimi il tuo corpo - disse accarezzandomi una guancia. Venni percorsa da brividi di paura.
- N-no - risposi acquistando un po' di coraggio
- Come osi rispondermi di no! - esclamò dandomi una sberla in pieno viso. Rimasi ferma al mio posto, senza parlare.
- Se non me lo concedi, lo prenderò con la mia forza - disse prendendomi di peso. Iniziai a terrorizzarmi davvero questa volta. Mi dimenavo, ma più lo facevo più lui stringeva la presa sui miei fianchi, facendomi male. Mi portò in una capanna ( sicuramente quella dove alloggiava lui ) e mi lanciò sul materasso.
- T-ti p-prego n-non fa-farmi d-del ma-male - singhiozzai impaurita.
- E perchè non dovrei usufruire del tuo bel corpo? - rispose malizioso mettendosi sopra di me
- T-ti prego - singhiozzai di nuovo. L'uomo non mi ascoltò ed incominciò a sbottonare la camicia del mio pigiama. Dopo aver finito con quella passò anche ai pantaloni, ed io rimasi completamente nuda, se non per le mutande che poi tolse.
- T-ti scon-scongiuro, n-non f-far-farmi n-ni-niente - lo pregai, ma invano. L'uomo mi aprì le gambe ed entrò in me con spinte molto veloci.
- Ti-ti preg-go bas-basta! M-mi f-fai male! - gemetti dal dolore.
- Zitta cagna ebrea - mi rispose mordendomi il collo. Quando venne, uscì da me.
- Ora vestiti - mi ordinò. Strisciai dolorante e grondante di sangue verso i miei vestiti, che poi indossai.
- Adesso vattene - mi disse. Annuii ed uscii. Chiusa la porta camminai piena di dolori verso la capanna dove dormivo.
Quando stavo per entrare nell'abitacolo una mano mi prese il polso. Mi girai impaurita di scatto e vidi una folta chioma di ricci.
- Eccomi - mi disse.
- Come facciamo? - gli domandai piangendo.
- Perchè piangi? - mi domandò asciugandomi le lacrime. Gli indicai la parte sotto del pigiama e sgranò gli occhi alla vista del sangue.
- Hanno usufruito del mio corpo - dissi vergognandomi.
- Non lo faranno mai più, adesso scappiamo - mi disse Harold prendendomi per mano
Hanno usufruito del suo corpo. Dovrebbe ringraziare che non l'ha fucilata seduta stante, per quel che mi riguarda. La facilità sconvolgente con cui riesco a scappare, poi, mette in luce il fatto che a lei faccia troppo male (cosa non si sa, possiamo solo immaginarlo) per riuscire a salire nel camion da sola. E le fitte al ventre che prova secondo me sono un aborto spontaneo da gravidanza istantanea dovuto allo stupro subito. Tanto qua la coerenza non è di casa, quindi spariamola pure grossa, tanto lei dopo aver dormito una settimana in ospedale non ricorda una mazza di quello che è successo e può tranquillamente stare in pace qualche mese in attesa che Harry si innamori di lei e, dopo averglielo chiesto, le doni un bacio.
Cosa importa se è storicamente impossibile che Firenze fosse ancora occupata nel '45 quando con la fine d'agosto del '44 era già stata liberata; se è impensabile che una famiglia d'ebrei scampati ai rastrellamenti se ne stesse beatamente alla luce del sole e non rintanata sotto terra, in luoghi infimi che manco i topi, nel costante terrore che uno starnuto, uno scricchiolio o i loro stessi protettori potessero tradirli. Chissenefrega se una spia inglese infiltrata a Mauthausen non è mai esistita, chissenefrega se la fuga in camion sarebbe stata assolutamente impossibile vista la configurazione, la struttura e il funzionamento del capo. CHISSENEFREGA SE LA GENTE Lì CI è MORTA DAVVERO E TU INFANGHI IL LORO RICORDO, LUCRI RECENSIONI SULLA LORO MORTE MOSTRANDO LA PIù ASSOLUTA INCAPACITà DI RISPETTARLA.
Ora io lo so che suonerà estremamente cattivo da parte mia, che in fondo anche io ai miei inizi ho prodotto la mia buona dose di stronzate e una ficcyna idiota (nella quale però sarebbero morti tutti) con una storia d'amore indegna tra un Benji Price versione SS e una bionda prigioniera l'ho immaginata senza mai arrivare a scriverla a causa di tutte le remore che ho sempre avuto nel trattare l'argomento, ma certa gente andrebbe interdetta dall'EFP in maniera permanente. O quantomeno vorrei esistesse un bottone, un form, un qualcosa tramite cui segnalare questo genere di produzioni che non solo non hanno una trama e uno stile ma sono pure estremamente offensivi nella superficialità con cui piegano una pagina vergognosa dell'umanità agli scopi ludici di un fandom indecente. 
Ma sopra ogni altra cosa vorrei che tutte queste ragazzine che piangono davanti a queste quattro righe in croce senza arte né parte venissero prese in blocco e spedite in un campo a toccare con mano la realtà delle baracche, a vedere con i loro occhi i capelli trasformati in tessuro, a respirare la pesantezza dell'aria e a sentire sulla loro pelle il calore asfissiante dell'estate polacca e il gelo assoluto dell'inverno. Vorrei che qualcuno aprisse loro gli occhi e le facesse veramente vergognare, perché a segnalare le incongruenze (e ci abbiamo provato in molto) non si ottengono che giustificazioni balbettate senza interesse e convinzione. E dove le buone maniere falliscono, non è il caso di gettare la spugna ma di adottare i metodi cattivi. Certe cose non andrebbero scritte. Certe cose vanno lette e imparate da chi le ha vissute. Certe cose non dovrebbero essere piegate alla logica del "scrivo in questo fandom perché so che prendo recensioni". Certe cose, care bambine stupide e ignoranti, semplicemente non vanno toccate. Vanno rispettate e basta, cosa che voi non sapete fare.
Sono una stronza arrogante che vi sputa giudizi in testa, lo so, ma se è questo che dovete scrivere allora è meglio che non scriviate affatto. E questo si, dovevo proprio dirlo. Cazzo.

Qui e qui il link sull'EFP.


lunedì 13 maggio 2013

Di fanfiction, grammatiche stuprate e fantasia latitante: quando mi sale un crimine che non riesco a dirvi.

Non dovrei scrivere un post quando sono arrabbiata, già lo so, perché uscirà fuori la parte più odiosa di me, quella puntigliosa e acida criticona che non sempre voglio mostrare, ma @ ci ha passato il link su Twitter e non posso proprio fare a meno di dire la mia.
Superato questo banner dal gusto dubbio che mi ha fatto accapponare la pelle,


troviamo una fanfiction scritta decentemente, in un italiano pressoché buono, senza gravissimi errori di grammatica o sintassi che mi provochino il cagotto a spruzzo. Bene, direte voi, no? La stessa cosa che avrei pensato io. Insomma, in un fandom generalmente pieno della merda più immonda, senza offesa per la signora marrone, e in cui è stato necessario apporre quella meravigliosa scritta che la Chiù del mio  ♥ vi ha mostrato nel post precedente, ben vengano finalmente le aspiranti scrittrici che conoscono le basilari regole della loro stessa lingua e non si esprimano come un analfabeta.
Dove sta il problema, perciò?
Il primo lo troviamo col signor Turner, americano in Germania, che nasconde, fino a che non li portano a Auschwitz, la famiglia ebrea di Céline, la protagonista, e con la signora americana, tale Isabell Campbell (fantasia, portami via!) che sta in un campo di concentramento, nel biennio '44-45. Peccato che sia storicamente inattendibile, per non dire falso, come fatto, essendo gli americani arrivati a liberare i prigionieri soltanto più tardi. Ma, comunque, è una donna, non certo un soldato catturato: doppia stronzata.
E questo è solo uno, perché, ad esempio, potrei segnalarvi la "capoo" che mi ha irritato ulteriormente (si scrive "kapo", intanto, e le donne addette alla funzione, se così vogliamo dire, venivano chiamate ""blokova"), o che alla nostra protagonista, che scrive letterine che nasconde sotto il materasso (perché ovviamente in un campo di concentramento c'erano tutti i comfort e ci sta pure che dormissero in una camera ben arredata e d'alto lusso), qualcuno tira i capelli appena sveglia. Peccato che ogni persona venisse rasa a zero non appena metteva piede nel campo, e io lo so, cara mia, perché parlo con relativa "cognizione di causa". E ti spiego come avveniva. Innanzitutto, si veniva spogliati, dopo essere stati privati di tutto quello che si aveva addosso (bracciali, anelli, collane); poi ci si trovava di fronte a tre kapo: il primo rasava con la macchinetta (che nella fyccina viene usata sul pube WTF!), il secondo col rasoio completava la rasatura (di tutto il corpo) e il terzo disinfettava i tagli prodotti dal rasoio. Chiedo scusa per la digressione, ma mi sembrava giusto chiarire.
In una storiella in cui tutti capiscono tutti, pur essendo di differenti nazionalità, troviamo il nostro aitante SS con "una divisa verde militare, che gli fasciava il busto alla perfezione" e che, in difesa della pulzella picchiata dalla kapo, frusta quest'ultima. Credibile, non trovate? In un luogo in cui la pietà era la qualità più in basso nella lista delle priorità, in cui si pensava soltanto ad usare persone come oggetti per costruire qualsiasi cosa servisse alla Germania prostrata dalla guerra e si uccideva chiunque per uno sguardo apparentemente sbagliato o un richiamo non udito, lui frusta la kapo rea di aver picchiato Céline la deficiente.
A corredare la lista abbiamo una guardia che si chiama Sanchez (uno spagnolo SS, credibile anche lui) e una che si chiama Rivera (lo stesso dicasi per quest'altro), i muffin e il caffè per colazione, i deportati che sanno cosa avviene nelle docce (mai vero), le persone che allegramente passeggiano per la strada in un luogo non ben precisato ma che presumo essere sotto controllo tedesco, altrimenti non mi spiego perché avvenissero perquisizioni casa per casa e rastrellamenti alla qualunque (e si parla di luoghi dilaniati dalle bombe un giorno sì e l'altro pure, molto probabilmente, vorrei ricordarlo) e tanti altri sfasci storici che non sto qui a ripetervi.
Ma arriviamo al dunque: l'enorme, gigantesco, esorbitante problema non sta nel fatto che la fyccina sia ambientata in un lager, ma che si voglia strumentalizzare una delle pagine più assurde e orribili della storia umana per puro divertimento, per smania di una recensione e che, per farlo, si travisi tutto quanto, si usi una cosa del genere e ci si piazzi nel mezzo la probabile (o sicura?) storia d'amore e sesso impossibile (il rating è rosso) tra un bel giovanotto che fa il comandante e la prigioniera ebrea che è rinchiusa nel campo. La nostra autrice, capitolo dopo capitolo, sbandiera quanto tenga al tema ma a me par chiaro che è alle recensioni positive che punta. Usare un tema del genere, che sicuramente evoca in chiunque pensieri negativi e scatti di schifo a non finire, sfruttarlo nel peggiore dei modi, senza aver cura di documentarsi o controllare anche soltanto su Wikipedia quello che davvero succedeva... Mi fa schifo.
Perché a me sul serio sta a cuore. Oggi sarei una ragazza tanto diversa se la mia strada non si fosse incrociata con quella del detenuto 57344 di Mauthausen, fino all'8 aprile 1944 Mario Piccioli, e non sono solo parole di comodo o dette per suscitare commozione. E se tu, parlo a te pseudo-autrice, avessi incontrato uno come lui o ti fossi "limitata" a leggere uno dei tanti libri dei sopravvissuti, che, porco Giuda, fanno un male cane ma di quel male necessario, sicuramente qualcosa del genere non avrebbe mai visto la luce.
Vi lascio con qualche parolina, giusto per far vedere com'era davvero la "vita" (mi sembra anche stupido chiamarla così) in quei posti.

"A volte mi sveglio la notte e ci penso alle cose che ho passato. Anche a me sembrano favole da quanto sono incredibili. [...] Meglio sarebbe stato essere partigiano sui monti. Almeno avresti avuto un fucile con cui difenderti. Nei campi no, potevi solo ubbidire. Non potevi far altro che ubbidire".

"Solidarietà? Non era possibile essere uniti, solidali. Una mattina in galleria, a Ebensee, vidi uno del gruppo di lavoro con ai piedi delle scarpe; non zoccoli, scarpe. Io pensavo «come avrà fatto ad averle?» e aspettavo che magari morisse, per prenderle. Eravamo diventati delle bestie."

Un'ultima cosa.
Abbi rispetto, cara autrice, abbi rispetto.
Qui il link all'Efp
(capitoli 1-3).

Cronache acide di una lettrice incazzata: il lupo perde il pelo ma non il vizio.

Doveroso mi sembra (parlo un po' come Yoda oggi, ma è lunedì mattina anche per me e non ho ancora bevuto un caffé che sia uno) ringraziare tutti i nostri nuovi lettori ♥ Leggere che non siamo le uniche a trovare Danger e Dark due boiate di proporzioni epiche è rassicurante. Forse c'è ancora speranza per il mondo e il più volte annunciato dominio globale di Directioners e Beliebers è ben lontano dal realizzarsi. Mi auguro, perché con i tempi che corrono potrebbero succedere veramente di tutto e no, non ci voglio pensare.
Non ho neanche una gran voglia di sapere che #PoveroMalatoDiFiga è un boxing trainer, ossia un violento che si guadagna da vivere insegnando alle persone ad essere violente, né tantomeno che si asciuga la fronte con la maglietta solo per scatenare una prevedibilissima tempesta ormonale in Bo che lo guarda come non avesse mai visto un ometto ben pompato e mezzo nudo. Oh, aspetta. Effettivamente è proprio così. Scusa Bo, dimentico sempre che nonostante tu sia ormai una luminare del Segone Con Mutande Addosso di fatto hai sempre vissuto nel bozzolo sicuro della scomparsa (dalla narrazione) signora Heather con le tue inutili (e anche loro scomparsa) amikette del kuore. Tralasciamo sul fatto che lui allena per gestire la rabbia, che non combatte perché era troppo pericoloso per gli altri ("A quanto pare colpisco troppo forte per la mia classe di peso. Non sarebbe sicuro per il mio avversario." e io ho due cuori e viaggio nello spazio e nel tempo in una scatola blu, si) e che ci viene pure propinato un inutile POV di un tale Tom mai sentito prima solo per farci sapere che #PoverMalatoDiFiga non è mai stato così felice in vita sua e che la loro descrizione può essere descritta solo come "l'oscurità e la luce". Grazie, stanotte dormirò sogni tranquilli, folgorata dalla potenza abbacinante di questo contrasto che OMMIODDIO NON AVREI MAI PENSATO DI USARE LA LUCE E IL BUIO PER DEFINIRE DUE PERSONE DIAMETRALMENTE OPPOSTE CHE SOLITAMENTE NON SI METTEREBBERO MAI ASSIEME SE NON NEL MONDO SCADENTE E PACCHIANO DELLE FICCYNE OMMIODDIO! Please, bitch. Acqua e olio sarebbe stato un binomio molto più originale, fatemi il piacere di almeno provare ad essere originali nella scrittura visto che a livello di trama Dark è un ricettacolo di banalità allucinante.
Sembravano comunque una coppia normale, nelle prime righe del capitolo 26: lui le dice che va a lavarsi e le propone di andare con lui, le che puntualmente arrossisce, lui che si allontana. E poi niente, era necessaria una scenata di gelosia con i contro cazzi perché Bo ride ad una battuta di Tom che ancora non si è capito chi diamine sia.
"Harry, cosa c'è che non va?"
Sentii Bo tirare la mia mano, cercando di farmi fermare. Il mio borsone pesante scivolò dalla mia spalla e cadde sul pavimento. Lei sobbalzò per la sorpresa quando afferrai i suoi fianchi, sollevandola sul cofano della mia auto. Le gambe di Bo penzolavano dal bordo mentre il mio corpo si spostava tra le sue cosce. Le tolsi la borsa, poggiandola sulla mia. Afferrai il suo polso, portandolo in alto verso la mia bocca: le mie labbra premettero dei languidi baci sulla morbida parte inferiore. Il suo respiro divenne più tagliente con il mio tocco. Il mio sguardo s'indurì su di lei.
"Ti piace?" Le chiesi tra i baci.
"C-cosa? Chi?"
Sorrisi, sapendo che le mie azioni stavano creando confusione tra i suoi pensieri. Il mio corpo si avvicinò ancora di più, la mano libera si poggiò sulla sua gamba. Spostai il mio tocco su e giù lungo la sua coscia, stringendola di tanto in tanto.
"Tom. Ti piace?"
Spostai la manica della sua felpa più in alto, permettendo un accesso maggiore alle mie labbra sul suo avambraccio. Le lunghe ciglia di Bo sbatterono ripetutamente per le attenzioni intime che stava ricevendo.
"Si, è dolce." Disse.
Sentii la rabbia crescere dentro di me. Afferrai saldamente la sua coscia, tenendola ferma sul cofano. La mia bocca premette forte sulla sua pelle, succhiando duramente alle sue parole. I miei occhi rimasero inchiodati nei suoi, le labbra di Bo si dischiusero per la sorpresa e il disagio. Lei gemette, cercando di liberare il suo braccio dalla mia presa, ma lo tenni fermo vicino alla bocca.
"Harry." Trasalì.
Lasciai il suo braccio qualche secondo dopo. Le sue dita sfiorarono il segno rosso e lei fece una smorfia per la pelle irritata. Bo alzò la testa guardandomi interrogativa, non sicura del perchè meritasse questa risposta così severa. Sentii la mia mascella tendersi mentre mi chinavo su di lei. Delle piccole mani si poggiarono sulle mie spalle nel tentativo di mantenermi lontano, ma fu inutile. Le mie labbra sfiorarono il suo collo prima che parlassi.
"Vuoi che lui ti baci?" Sussurrai. "Che ti porti nel suo letto?"
Lei afferrò la mia mano che ancora stringeva la sua gamba, cercando di allontanarla.
"Fammi scendere." Sbuffò, spostando le mani sul mio petto.
Scivolò giù dal cofano quando feci un passo indietro. Guardai in basso verso di lei: l'espressione di Bo era scocciata. Mi sorpresi quando mi spinse contro il lato della macchina.
"Oh, Dio. Sei troppo possessivo e reagisci in modo eccessivo, Harry." C'erano accenni di fastidio nella sua voce.
Siamo quindi davanti alla classica situazione che contrappone il maschio alfa, maniaco del controllo, violento e geloso delle sue proprietà (e no, care directioners, il possesso non è amore perché amore implica fiducia e qua fiducia in Bo non ne vedo) alla classica donnicciola petulante che si lascia irretire fisicamente e poi, dopo avergli sempre permesso di fare tutto quello che voleva, si lamenta e s'infastidisce pure. Anyway, ignoriamo questa svolta assolutamente OOC per concentrarci sul fatto che lui la insegue. Per dirle cosa? Che Tom non la farebbe stare bene così come la fa stare bene lui. Perché il sesso è tutto nella vita, of course. E visto che lei fa la pretenziosa, muta e in silenzio, lui giustamente si spoglia. Bo pensa bene di farsi trastullare un pochino prima di rivelare che con Tom stava parlando proprio di lui e che lui è l'unico. Limoni-limoni-limoni. Squilla il telefono. Bo deve essere assolutamente portata a casa. La signora Heather torna appena nel cuore della notte, in fondo, qualche zozzeria ce la becchiamo.
Mi mossi lentamente in avanti, poggiando la mano sulla sua coscia per mantenermi mentre mi chinavo su di lui: il calore che irradiava sembrò scaldare tutto il mio corpo, mentre dei caldi sbuffi d'aria aleggiavano tra noi. Ma le mie labbra avevano a stento sfiorato le sue quando lo sentii emettere un profondo gemito dalla gola; la vibrazione scosse tutto il suo petto. I miei occhi si spalancarono leggermente quando realizzai che la mia mano era involontariamente scivolata sul cavallo dei suoi pantaloni. La pressione del mio tocco pulsò delle onde di piacere per tutto il corpo teso di Harry.
"Oh dio, scusa." Farfugliai.
Ma cosa ti scusi a fare?! Ma ti sei rincretinita più del solito? Ma perché sei così scema e tu twitter tutte vogliono essere te? Volete essere davvero così sceme? Non stupisce, in fondo la traduttrice non brilla per intelligenza a sua volta, a fine capitolo ci fa sapere di aver tradotto quasi trenta capitoli senza l'autorizzazione dell'autrice e di aver postato la ficcyna su EFP senza farlo a suo nome (nome dell'autrice, ovviamente). Si rammarica pure del fatto che il sito, come da regolamento, l'ha costretta a cambiare nickname... e vorrei ben vedere, in barba a tutte le tue noticine stavi effettivamente rubando il (discutibile) lavoro altrui senza dare alcun merito effettivo a chi Dark l'ha partorita in tutta la sua indecente banalità. Senza vergogna e senza pudore, una vera trasgry. Ma parliamo di un fandom che ha reso doverose numerose raccomandazioni imbarazzanti, come ad esempio l'ultima che mi è saltata gli occhi mentre aprivo la pagina in cerca della Storia più Pessima del Web.


Effettivamente è troppo pretendere che almeno la forma, se non proprio la grammatica, sia corretta in presenza di una trama inesistente o riciclata talmente tante volte da avere lo spessore di una velina. BABBEH, torniamo alla nostra Bo sola a casa in compagnia del suo gatto grigio (anche lui compare così, all'improvviso, dopo un considerevole numero di capitoli. Ciao mitico! Dov'eri mentre la tua padroncina faceva le brutte cose con #PoveroMalatoDiFiga?) di nome Doug. Doug, avete capito bene. La petizione per la tutela delle bestiole immaginarie dai brutti nomi e dalle comparsate inutili e impreviste ve la linko più sotto, niente paura, adesso concentriamoci sul fatto che TORNANO LE AMICHE! Si accordano via sms per vedersi alla caffetteria locale, dove Bo - che schifa il caffé e già qui fija mia non possiamo proprio essere miahce - butterà giù un beverone alla frutta che proprio gnam. Ma con calma, è ancora notte/mattina (non ci è dato sapere) e la signora Heather è qui per noi, pronta a deliziarci con qualche aneddoto che Mary Poppins scansate, Dalai Lama licenziati e Berlu prendi appunti che rasentiamo la genialità.
[...] il nostro parente malato che aveva visitato si stava riprendendo gradualmente in ospedale, e mi disse che credeva che si sarebbe completamente ripreso per la settimana successiva o poco oltre. Beh, o almeno questo era il suo parere medico.
Dal momento che era stata via per un po', avrebbe inoltre dovuto recuperare alcuni turni di notte presso l'ospedale locale dove lavorava come infermiera: per questo motivo, anche se ora era a casa, il suo orologio biologico avrebbe comunque continuato a farla dormire di giorno per poter poi sostenere il lavoro notturno. Non ero molto d'accordo con tutto ciò, ma non c'era molto che potessi fare.
Incredibile. Un orologio biologico così mal funzionante non l'ho mai conosciuto. Semmai conosco il padre di una mia amica che fa la notte per due giorni a settimana e in ventiquattro ore ha il ciclo sonno-veglia perfettamente riallineato. Quindi proprio non mi spiego questo sotterfugio a meno che non sia inteso per favorire le attività pervy dei nostri pargoli in love, e se davvero così fosse (e così è, trust me, me lo sento) non posso che biasimare l'autrice. Un po' di inventiva è chieder troppo? Falla orfana la prossima volta, se non vuoi scrivere di personaggi di contorno. Tipo le amiche, dopo secoli che non si vedono la prima domanda è "quanto oltre ti sei spinta con Harry?". 
Non ero molto sicura su cosa dire, dal momento che non avevamo mai parlato di queste cose prima di allora. Mi sollevai dalla mia posizione rilassata per sedermi diritta; i miei occhi si spostarono ancora una volta sui tavoli vicini.
"Lui... H-Harry... abbiamo fatto sesso vestiti." Balbettai.
Cominciai a sentirmi a disagio quando notai una donna dietro Zoe scuotere la testa: si alzò, afferrando i suoi giornali ed uscendo dalla caffetteria. Il mio sguardo imbarazzato si spostò di nuovo sulle mie amiche: la bocca di Lucy aveva formato una "o" prima che scuotesse la testa in confusione e che aspettasse che chiarissi il tutto.
Interrompo per dire che la signora che scuote il capo e se ne va PALESEMENTE sono io, al colmo della disapprovazione non per la parola sesso ma per l'uso assolutamente improprio in relazione alla strusciatina (chi ha copiato chi? Vi ricordo la stessa scena in Danger) imbarazzante che ci ha deliziati qualche capitolo fa.
"C'era una coperta tra noi.... In pratica si compiono i movimenti del sesso ma senza penetrazione." Spiegai.
"Quindi eravate entrambi nudi con una coperta tra voi?" Chiese Zoe.
Ero ancora in imbarazzo, ma la loro apertura riguardo la conversazione era qualcosa a cui sentivo il bisogno di applaudire: non solo stavamo parlando di questi argomenti come se fossero completamente innocenti, ma stavamo avendo questa discussione in un luogo pubblico.
"No, no. Avavamo la biancheria addosso." Affermai. Abbassai leggermente la testa, evitando il loro contatto visivo. "Ma Harry si è tolto i boxer." Conclusi a bassa voce.
Sentii una risatina, e all'istante seppi che proveniva da Lucy.
"Quindi ti ha scopata a secco?" Chiese Charlotte. "Con una coperta."
Feci una smorfia di disgusto.
"E' stato più romantico di così." Protestai. "Ugh, odio questo termine. Ci fa sembrare immaturi, degli adolescenti con gli ormoni in subbuglio. Preferisco chiamarlo sesso senza penetrazione."
Certo, perché è più romantico. Almeno scopare a secco fa ridere, mentre il tuo lessico estremamente scientifico mi mette addosso una tristezza senza fine e l'impellente desiderio di sfociare nella volgarità popolare più estrema. Perché dire "mi ha fatto provare piacere oralmente" quando puoi dire "ha mangiato la tartina" o "ha bisbigliato cose inenarrabili al cancello del giardino proibito"? Ma lo scopo di questo strazio di dialogo? Ovviamente l'amica che consiglia a Bo di fare qualcosa per lui. Perché? Harry è "un motivo in più per farlo". Così lei si documenta in biblioteca, probabilmente regalando un tot di euro all'autrice della fanfiction diventata poi best-seller mondiale e portandosi a casa tutta la trilogia delle cinquanta sfumature di merda. Che, detto tra noi, nasce nel fandom di Twilight. Ma il punto è che #PoveroMalatoDiFiga irrompe in casa sua all'improvviso e lei è così presa dalla lettura che a malapena è in grado di balbettare qualcosa quando le viene fatto notare che no massa sgaio da parte sua lasciare aperta la porta d'ingresso. Fortuna lui vuole solo chiederle di andare al parco giochi, che presumo esser stato in origine in un luna park. Non disperatevi troppo se nei prossimi capitoli scopriamo che vanno sull'ottovolante e non sull'altalena in un parchetto per bimbi, sono inconvenienti della traduzione con google translate. Piangiamo a secco, su, non per davvero.


Cap. 24 - 28; qui il link all'EFP.







lunedì 6 maggio 2013

Cronache acide di una lettrice incazzata: quando si sperava scopassero e invece no, manco 'sta volta.

Partiamo dal presupposto che ho totalmente resettato tutto quello che ho già recensito, non saprei proprio dirvi a che punto del capolavoro siamo arrivati. Sono dovuta andare a vedere con che capitolo si concludeva l'ultimo post e, aperto il successivo, ho fissato una sfilza di parole che non sapevo proprio come inquadrare in un contesto generale. Bo
Molto Bo è anche #PoveroMalatoDiFiga che consacra la nostra eroina con la sua catena d'argento che sicuramente deve avere un significato per lui vista che ce l'ha praticamente sempre addosso (anche se noi lo veniamo a sapere solo al ventesimo capitolo) e le leviga il collo con la lingua. Cose che manco una piallatrice su un tronco nodoso. Tra l'altro il ciondolo è un aereo di carta, un senso dell'eleganza che fa un baffo a Snooki&co mi dicono.
"Voglio che la tenga tu." Harry sussurrò.
I suoi ricci mi solleticarono la pelle quando mi baciò la guancia.
"Harry." Dissi a bassa voce.
"Così la gente sa che sei mia."
La gente, ossia noi lettori, ha ormai le palle piene di questi statements di proprietà che si ripetono periodicamente dal primo capitolo al ventesimo, abbiamo capito che siete prossimi al matrimonio e a scopare come coniglietti in calore (a patto non vi mettiate a figliare, s'intende), lo ha capito blogger e lo ha capito la tastiera del mio pc visto il numero di volte che ho dovuto digitare/copia-incollare qualcosa del genere, POSSIAMO ANCHE DARCI UN TAGLIO. Non ci servono le paranoie di Bo, la quale anche giustamente (?) inizia a credere che lui la porti a spasso per esibirla - con tutto il coraggio che ci vuole, capra com'è - né tantomeno il pessimo tentativo di dichiarazione che non posso proprio non condividere per intero in tutta la sua smaccata superficialità.
"Ti voglio con me." Disse a bassa voce.
Le sue mani afferrarono le mie spalle, spostandomi delicatamente indietro sul letto; i miei capelli si sparsero intorno a me sul piumone. Si mise in bilico su di me, abbassando la testa e spostando la mia di lato. I miei occhi si chiusero quando le sue labbra carnose raggiunsero il mio orecchio.
"Sei bellissima, intelligente." Baciò un punto appena sotto il mio orecchio. 
"Attraente." Arrossii, sentii il calore diffondersi sulle mie guance quando Harry ridacchiò. 
"Innocente." La sua voce era più bassa e profonda rispetto a prima. Un sospiro lasciò le mie labbra socchiuse quando una grande, calda, mano risalì all'interno della mia coscia. 
"Aggressiva." Il suo tono divenne malizioso. 
Le mie unghie premettero nelle sue spalle quando la sua lingua disegnò una linea in mezzo ai miei seni. Sentii Harry mordicchiare la pelle del mio petto prima di prendere la collana tra i denti, tirandola giocosamente. La lasciò andare qualche secondo dopo, osservandola mentre cadeva sul mio petto.
"Voglio che la tenga tu." Harry fece una pausa. "P-per dimostrare a tutti quanto tengo a te." Disse a bassa voce.
Harry guardò in basso verso di me, incerto riguardo la mia reazione. Il mio cuore sobbalzò alle sue parole, un sorriso apparve sulle mie labbra mentre le mia guance arrossivano. Lui sembrò sollevato dal fatto che non mi fossi lasciata prendere dal panico e che non l'avessi spinto via. Alzai la mano sul suo collo, tirandolo dolcemente verso il basso. Le mie labbra sfiorarono le sue prima di spostarsi sul suo orecchio.
"Anche io ci tengo a te." Sussurrai.
Non siamo tutti emozionati e commossi, sull'orlo delle lacrime? Non ci stiamo forse strappando i capelli e gridando istericamente che anche noi vogliamo che un ragazzo si comporti così con noi? No? No. Bene, vuole dire che non siamo bimbiminkia arrapati con il disperato bisogno di una feroce iniezione di realtà e buon senso. Tuttavia se lo fossimo, dovremmo dar fondo a tutta la nostra stridula voce di bimbi perché il meglio deve ancora arrivare. I piccioncini vanno ad un evento in una galleria d'arte moderna, e fin qui tutto bene. Meno bene è vedere che hanno già ispirato un artista che ha ben pensato di ritrarli avvinghiati davanti ad una selva oscura. Inutile dirlo che mentre stiamo già per soffocare nei cuori che riempiono la stanza, ZAN ZAN ZAN! Colpo di scena. Una voce stridula chiama #PoveroMalatoDiFiga: è #Troione, una rossa prosperosa, insacchettata in una robina nera striminzita, trucco pesante e grandi orecchini. Si chiama Kim ed è lo stereotipo più banale della volgarità che mi sia mai capitato di leggere. Boh. Bo è gelosa, manco a dirlo. Bo è sconvolta dalla sfacciataggine di #Troione che pensa bene di informarsi se i due stanno assieme. #PoveroMalatoDiFiga non sa rispondere e fossi in Bo lo pianterei lì seduta stante. Mi reclami come tua e non sai manco dire "si, stiamo assieme"? Sfigato. Così sfigato e cagainbraghe che ha la brillante idea di lasciare la sua proprietà nelle lussuriose mani di #Troione. Tu si che sei uomo, Harry! Su quanto Bo sia infantile a lasciarsi turbare dalle lodi che #Troione tesse circa le abilità sessuali del suo giocatolino non serve soffermarsi, è OVVIO che una Directioner non parla di cose che fanno pulsare la vagy o che solo suonano vagamente mlmlml; una Directioner è casta e pura come una vestale (quando non è su twitter) e solo le troie come #Troione parlano apertamente e senza imbarazzo della loro vita sessuale. Perché non siamo nel 2013, ma in un universo parallelo dove il puritanesimo spopola alla grande. Così tanto che non c'è da stupirsi se Bo l'allocca si ritrova a guardare il poderoso limone tra #PoveroMalatoDiFiga e #Troione.
Ma niente paura, è un misunderstanding con i fiocchi! Ovviamente #PoveroMalatoDiFiga è un omino fedele che non farebbe mai del male ad una mosca. Le troie però non so mosche, minacciarle non è un problema. Non che la sfiori, lui non è il mostro che era suo padre: le sputa addosso, niente di chi. Tutto bene, possiamo andare avanti.
I nostri prodi disperati  arrivano in un parco buio e inquietante, dove lei lo schiaffeggia. Scandalo. Tuttavia Bo è così innocente che basta prometterle un limone per convincerla, darle qualche bacetto in zona bocca et voilà, torniamo al momento dichiarazione: stanno assieme, è deciso, sono una coppia. È tempo di fare un po' di zumpa zumpa? No. Meglio una sega, tanto per restare sul sicuro. E un po' di strusciate varie con delle coperte sottili (lenzuola, magari?) che danno proprio un casino di fastidio ma levarle no, troppa fatica.

Reazione standard della lettrice media di Dark che si chiede come una cosa così bella possa esser scritta.
Reazione alquanto turbata della sottoscritta che si chiede come possa esser scritta una cosa del genere.


Cap. 20 - 23, qui il link all'EFP.